lunedì 19 dicembre 2016

Caduta la scala a pioli

Caduta la scala a pioli,
durata giusto il tempo
di farci sfiorare il cielo,
l'abbiam lasciata marcire
perché facesse da concime
a fiori che poi,
nonostante noi,

saran belli per sempre.

©G.M. Schmitt

domenica 18 dicembre 2016

La fine della farsa

È la fine della farsa
l'autunno della virtù
sensibilità e delicatezza
croste ormai inutili
si staccano inseguite
da residui di gentilezza.

Credevi di poter ancora
ostentare bugie
e vederle trionfare
su ingenua fiducia
e cieca ammirazione
per preservarle ancora
a difesa del tuo maniero.

Ormai è palese, però,
che la tua pelle è più soda
delle cinte che hai eretto
cemento e acciaio per tenermi a bada
languori e arrendevolezze per chi vuoi tu
che t'abbia in pugno
e a cui non menti
a cui non mostri i denti
a cui non rifiuti le tue stanze.

Ma ora non ti vedo più
e senza esser cieco lascio
che le menzogne tue evaporino
al mio sole

o prendano fuoco al tuo.

© G.M. Schmitt

Pensavi di darmela a bere

Pensavi di darmela a bere
e ho bevuto, sì,
ma non il tuo fiele.

Le tue bugie sono come
quei frammenti di ghiaccio
che complicano i rivoli
che si fan strada
giù dal ghiacciaio.

Sono nato mentre Trane
registrava “Ascension”,
quindi non sono più un ragazzo
sebbene debba ancora crescere
e raccogliere le ultime note.

Però intanto, va da sé,
qualche verità l'ho conosciuta
e so persino distinguere

tra menzogna e sentimento.

© G.M. Schmitt

venerdì 30 settembre 2016

Come un sasso

Non darmi i tuoi pensieri fugaci od ormai assenti
Dammi i tuoi appunti che fatichi a decifrare
I frammenti che ricordi, le immagini che indugiano.
Sarai quel che sei ora,
non una rapina,
non un'imposizione.
Sarai per me
quel che nei libri non c'è ancora
e negli amplessi non trova spazio,
che dicerie non conosce né passaparola.

Ma è come un sasso
prima che sia uno
con il fondale.


© G.M. Schmitt

lunedì 26 settembre 2016

Una mano lunga otto mesi

per Daniel Ahenger, morto in culla

Da oggi il silenzio
ha una nota in più
o una in meno, dipende
da come ti poni all'ascolto.

Però io riesco a vederti
in quella mano lunga otto mesi

che ancora ti porterà nel palmo
e fino a un gran giorno ti custodirà.
Ti cullerà, ti nutrirà, avrà cura di te

e alla bisogna ti farà il solletico,
perché mai nulla li privi
di un tuo sorriso.


© G.M. Schmitt

martedì 6 settembre 2016

Sgranavamo piselli insieme

Forse non questa
ma un'altra distanza
ci avrebbe risparmiato
tagli e ferite di catene
scambiate per ghirlande.

Forse non questa
ma un'altra distanza
avrebbe allontanato
con più efficacia
la nostalgia dei gemiti.

Forse non questa
ma un'altra distanza
ci avrebbe visto costruttori
alacri di ponti
verso rive discoste.

Forse non questa
ma un'altra distanza
avrebbe eluso la memoria
di luce irreplicabile
su volti altrui.

E invece abbiamo
pelato patate
affettato zucchine
setacciato origano
triturato prezzemolo
pestato cumino
sgranato piselli
atteso che fosse pronto

insieme,
specchi un po' narcisi
in un concerto di sguardi.


© G.M. Schmitt

domenica 21 agosto 2016

E cerco di non pensarci più

Si vocifera che tu abbia scelto
di rivolgerti a un estraneo
e che da lui tu abbia accettato un dono.

Sono soltanto voci, mi dico,
e cerco di non darvi peso.

Capita però ch'io mi agiti in mezzo alla notte
con le lenzuola madide di sudore anche se è fresco
e cerco un pensiero e quello che trovo sei tu.

Sono soltanto sogni, mi dico,
e cerco di non darvi peso.

Questa sera però ho cercato di immaginare
che parole abbia usato lo straniero
e in quale dono sapeva celarsi il tuo incanto.

Non son che vane supposizioni, mi dico,
e cerco di non darvi peso.

Poi però mi inondi di messaggi
e sebbene ti sappia ubriaca ti do retta
e ti consoli finché non ti addormenti.

Senti soltanto il peso di una svolta, mi dico,
e cerco di non darvi peso.

Poi però anche io mi sveglio
ed è il primo giorno in cui non me lo chiedo,
non mi chiedo più chi sarà felice e chi no.

Sono soltanto ricordi ancestrali, mi dico
come quando dormendo
si ha la sensazione di cadere –,
e cerco di non pensarci più.


© G.M. Schmitt

Facciamola finita

Le mie orme sul vostro selciato non son belle?
Mi scuso, mi scuso, credevo non si notassero nemmeno!
Ve l'ho rovinato, financo distrutto?
Chiedo venia e mi prostro e trattengo le lacrime;
credevo davvero che fosse questa la mia strada.
Non potevo sapere, non colpitemi, oppure sì
e facciamola finita.

Quando ho imparato a camminare
non mi hanno dato una mappa o un itinerario
e men che meno mi hanno detto
di andare a scovare il mio tesoro.

Un tozzo di pane mi hanno dato
e mi hanno detto di iniziare a muovermi
per trovarne dell'altro e vivere.

E sapete quante volte ho pensato
che basterebbe non trovarne più
per non sporcar più il suolo altrui?

Ci ho pensato, sì, ma non pensano i miei piedi
e quelli si spostano, anche in fretta, a volte,
pur se son stanchi e questa volta
mi han portato qui.

Scelta sbagliata? Ma i piedi non pensano,
lasciano orme, anche se non vogliono.
E così, eccomi qui. Avrei un po' di fame,
ma avete ragione voi, sì, facciamola finita
e continuate a ingrassarvi voi.


© G.M. Schmitt

domenica 3 luglio 2016

La mia topaia

La mia topaia ha qualche pregio
unico e inarrivabile
per cui ho perso la testa
e che le assicura il mio cuore
almeno fino al divorzio.

La topaia che amo ne ha sì di difetti
ma che altro avrei saputo
se non farne meriti e virtù?
Colpa dei miei occhi
che non vedon ragnatele
ma distinti mandala
che il tempo tirerà giù.

Alla mia topaia ho fatto tanti doni
per esaltarne bellezza e armonia.
Giammai una miglioria,
giusto un accento
di tanto in tanto qui e là
perché non scordasse
chi la sa incantevole.

E questa topaia, infine, non vuol saperne
se altre son chiamate ville, palazzi o magioni
e dimore e attici meravigliosi nascosti
da luce e tappeti e gioielli:

la topaia che mi accoglie sa
che null'altro che l'amore
può infonder vita a tetto e pareti.
Poi, però,

la mia topaia è la casa del mio letto
e di milioni di sogni
da vivere insieme.


© G.M. Schmitt

martedì 7 giugno 2016

Qualcosa

Qualcosa che faccia meno il solletico
Qualcosa che dia meno prurito
Qualcosa che mi faccia sentire a mio agio
in mezzo al fermento, al tumulto, alle morti.

Qualcosa che sia meno statistica
Qualcosa che non ne uccida due per farne vivere uno
Qualcosa che mi dica che sono
con te se non ci sei, con lui se ti tiene via da me.

Qualcosa che sia vicino a uno zero
Qualcosa da cui ripartire
Qualcosa che sia fiorire
sul bordo di una lapide e non sia lutto.

Qualcosa che faccia meno rammendo
Qualcosa che non sia una toppa
Qualcosa che sia meno inutile
di uno straccio intorno al rubinetto che perde.

Qualcosa che non sia cattivo
Qualcosa che addolcisca il palato
Qualcosa di buono in cui affondare
senza sporcarmi le mani, senza sozzarmi l'anima.

Qualcosa prima di abbandonare
Qualcosa prima di tirare il freno
Qualcosa che mi faccia scendere dall'auto
senza prendere la scossa, senza venirti a cercare.

Qualcosa che io possa capire al volo
Qualcosa che non richieda fede
Qualcosa che posso toccare con mano
perché prima l'ho chiesta per il bene mio.

Qualcosa che oltre il punto inizi
Qualcosa che non hai bisogno di tradurre
Qualcosa che quando hai sete, tanta
ti ci immergi il capo e non anneghi.

Qualcosa che non deve chiamarti due volte
Qualcosa che non cambia se sei solo
Qualcosa che quando arrivi per prenderla
decidi di lasciarla lì per non negarla.

Qualcosa che dica che cosa c'è
Qualcosa che dica che cos'è vero
Qualcosa che non faccia irritare
amici stanchi del mio ciarpame.

Qualcosa che non pretenda d'essere Dio
Qualcosa che non disegni a un cieco
Qualcosa che di un aldilà al di là
anticipi il dono di una vita intera.

Qualcosa che sia meno tenebre
Qualcosa che sia più o meno luce
Qualcosa che non cancelli la strada
che orme pazienti hanno tracciato.

Qualcosa che mi dia cibo quando ho fame
Qualcosa che mi dia appetito quando ho da mangiare
Qualcosa che mi nutra se mangio
anche se dormo, anche se non piglio pesci.

Qualcosa che mi umili mentre umilia te
Qualcosa che regga il mio sguardo che regge il tuo
Qualcosa che quando dobbiamo parlarne
si spieghi da solo e mi spieghi ancora.

Qualcosa con cui possa dormire in pace
Qualcosa senza battaglie tra lenzuola madide
Qualcosa che in un letto ci possa star bene,
null'altro sostenendo che un sorriso.

Qualcosa che non dica più di quand'ero piccolo
Qualcosa che cancelli le mie colpe
Qualcosa che mi faccia nuovo e migliore
e nuovo mi renda alla vita che invecchia.

Qualcosa che non mi faccia più penare
Qualcosa che non sia lo strazio della sterilità
Qualcosa che non affondi ancora la lama
su chi non è padre madre marito amante.

Qualcosa oltre il sole e la luna e le stelle
Qualcosa che non è mai stato ritrovato
Qualcosa che fa male al cuore perché né luce né sangue,
ma lo vuoi lo stesso perché un gusto l'avrà.

Qualcosa che non riesca a dimenticare
Qualcosa che soccorra istante dopo istante
Qualcosa che non possa più rimpiangere
quando è tardi, è sera, le invenzioni sono chiuse.

Qualcosa che interrompa il circolo
Qualcosa che spezzi la fame di chi non ha fame
Qualcosa c'è già, nella sua vanità,
non altro ci spetta, la grazia se vuole.

Qualcosa che capiremo.


© G.M. Schmitt

venerdì 3 giugno 2016

Smarrito

Poi non s'aspetterà più niente
e l'aurora lo coglierà
come cosa inattesa.

Senza sorprenderlo,
senza fargli il solletico,
senza renderlo curioso.

E lui s'alzerà invano
e invano s'incamminerà
senza un bagaglio
senza un appiglio
senza un'ombra,
vampiro a sé stesso.

Fino al tramonto
e a una nuova aurora
e ancora una strada davanti
e nessuna dietro.
In cerca delle orme,
le sue che mai ha avuto
e giammai ritroverà.

© G.M. Schmitt

sabato 9 aprile 2016

Foglie

(a papà)

È stato forte il germoglio sensibile,
il germoglio salvato è diventato un albero
luminoso e gonfio di vita e rigoglioso,
dalle radici robuste alle foglie grasse e fiere.

Ogni foglia cade a suo tempo,
cade nella sua stagione,
taluna plana leggera
sazia di volteggi,
talaltra precipita zuppa di pioggia
dopo un breve volo,

un'altra ancora indugia avvizzita
avvinghiata al ramo:
finché giunge il suo vento
e la solleva...

solleva la foglia secca:
rude o delicato

la fa volare.

©G.M. Schmitt

domenica 17 gennaio 2016

La prima notte dell'anno

Sì, capisco, cerco di capire.
Il mio corpo non l'hai più voluto:
cercherai di fartene una ragione.
La mia anima tienila pure:
meglio affidarla a te
che ferirmi rigirando invano
pezzi spigolosi che non s'incastrano più.

Ho visto un uomo bruciare
l'altro giorno al centro commerciale:
autocombustione. Nemmeno il tempo
di finire la mia sigaretta
ed era un mucchio di cenere
davanti ai miei occhi.
Chissà io, mi sono domandato,
chissà noi.

Adesso andrò a letto per un altro po',
ma non tanto per dormire:
mi hai tolto il sonno
o forse si è tolto da sé.
No, vado a letto per sentire
il lenzuolo strusciare
sulla mia pelle nuda
e ricordarmi che sono vivo.


Brucio, sì, ma sono vivo.

sabato 16 gennaio 2016

Il peso

M'è germogliato un fiore sul collo,
lì dove hai posato il fugace bacio;
non lo vede nessuno, nemmeno io,
ma il peso è enorme, il mio collo cede;
però è forse quel che ci voleva,
così la mia prospettiva è diversa,
un po' inclinato il capo,
una visione differente, già;

ecco, sei tu,

ma senza armi.