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sabato 7 giugno 2014

So Many Roads #9

Ho il privilegio di pubblicare qui questa piccola meraviglia con cui Arianna Scuderi, diciassettenne, ha vinto il secondo premio "Sezione giovani" a questo concorso letterario.


Presente al passato

Cercavo l'abbraccio tra gli sguardi
avida ricerca sfuggevole
e sfuggivo anche io.
Leggevo lo sguardo degli sguardi
comune
e cambiavo io.
Volevo uno sguardo per me
quarto desiderio
e lo respingevo.
Silenzio

Che avevo sempre in mente il vento
abbraccio uragano
e aprire le braccia che regge lui
che soffia sulla pelle
polvere e foglie.
Dalle altalene che salendo entra negli occhi
e quando scendi risucchia.
Inappropriato caldo o freddo vento sbuffato piomba dal nulla.
Il mio vento per stanchezza o per un grido,
per una risata o per noi.
Sottratto ad altro vento da artigli tesi
abbandona ancora
erano i miei.
Mangiavo il vento
Mi proteggevo
Ostacolavo il vento
Mi lasciavo avvolgere.

Gelare di caldo
a stento resto in piedi.

Vorrei un amico adesso,
ma senza fretta.


© 2014 Arianna Scuderi




giovedì 28 febbraio 2013

So Many Roads #8 – 2

Quella che segue è la traduzione di "Sincerely, Ruth", da me postata in lingua originale il 29 dicembre 2012.

Cordialmente, Ruth
di Désirée Dippenaar

La mia storia non è finita,
sono ancora qui,
nella gente che ti incrocia per strada –
mi vedi?

Sono la vedova che ha perso ogni cosa.
Sono la straniera – diversa e strana.
Sono l'immigrato in un mondo nuovo e bizzarro.
Sono il rifugiato, senzatetto all'improvviso.
Sono la sconsolata che non ha conforto.
Sono il tuo prossimo
che attende il tuo amore,
che vuol esserti amico.

Mi accoglierai come Boaz,
mi inviterai, mi accetterai, mi aiuterai?
Mi rivolgerai parole d'amore
e di benedizione?
Sarai il mio prossimo?

Voglio
che il tuo paese sia il mio –
mi aiuterai?

Deésirée Ruth Dippenaar, da Poems, 2012
Traduzione di Johanna Schmitt




sabato 29 dicembre 2012

So Many Roads #8

Posto questa lirica nella lingua in cui è nata, ma trovate la traduzione qui

Sincerely, Ruth
di Désirée Dippenaar

My story is not yet over,
I am still here today
in other people who cross your way –
do you see me?

I am the widow who's lost everything.
I am the foreigner – different and strange.
I am the immigrant in a strange new world.
I am the refugee, left homeless suddenly.
I am the mourning one, uncomforted.
I am your neighbour,
waiting for your love,
wanting to be your friend.

Will you, like Boas, welcome me,
invite me, accept me, help me?
Will you meet me with words of love,
of blessing,
and be a neighbour to me?

I want
your land to be my land –
will you help me?

Deésirée Ruth Dippenaar, da Poems, 2012




lunedì 24 dicembre 2012

So Many Roads #7 Natale 2012 – 2

Funzione natalizia nella cattedrale
di Wendy Cope

Noi che non siamo abbastanza importanti
da avere un posto riservato, o siamo
arrivati in ritardo per qualsivoglia posto,
stiamo di lato in piedi, o su sgabelli ci sediamo.

Dalla porta gli spifferi ci fan rabbrividire,
il coro non vediamo, né candele né altare,
a stento i sacri testi riusciamo a decifrare.

Ma sentiamo la musica. E possiamo cantare
al bimbo che non ebbe genitori abbastanza
importanti per avere posti riservati,
che troppo tardi giunsero anche per una stanza.

Wendy Cope, da Guarire dall'amore, 2012
Traduzione di Silvio Raffo


giovedì 20 dicembre 2012

So Many Roads #6 – Natale 2012

La vita del Natale
di Wendy Cope

"Se non avete un albero vero, non porterete la vita del Natale in casa".
                                                           Josephine Mackinnon, di 8 anni

Porta a casa un abete norvegese
e giacinti nel freddo radicati,
gelsomini invernali dai boccioli schiusi.
Porta la vita del Natale qui.

Rosso, oro, verde, e tutto ciò che brilla,
musica, candeline e cibo e vino.
Porta i ricordi dei Natali antichi,
le lacrime per quello che hai perduto.

Porta il pastore, l'asinello e il bue
ed il nitore di una notte gelida,
la speranza di nascere alla luce.
Porta la vita del Natale in casa.

Wendy Cope, da Guarire dall'amore, 2012
Traduzione di Silvio Raffo


sabato 1 dicembre 2012

So Many Roads #5

Pronomi personali
di Dunya Mikhail

Lui gioca al treno
Lei gioca al fischio
Loro partono

...

Lui gioca al filo
Lei gioca all'albero
Loro dondolano

...


Lui gioca al sogno
Lei gioca alla piuma
Loro volano

...

Lui gioca al generale
Lei gioca all'esercito
Loro perdono

Dunya Mikhail, da La guerra lavora duro, 2011
Traduzione di Elena Chiti



domenica 9 settembre 2012

So Many Roads #4

Tu dormi
di Marco Beasley
da una frottola di B. Tromboncino (1470-1535)

Tu dormi, io veglio alla tempesta e al vento
su la marmorea petra di tua porta.
Tu dormi, io veglio e sto sempre in tormento
e l'anima ed il core da me scampo.
Tu dormi, io veglio e con amaro accento
ognhor chiami pietà che è per me morta.
Tu dormi, io veglio e poi in un sol momento
di lagrime e di pianto io qui divampo.
Tu dormi, io veglio con grave tormento
né trovo al mio penar chi me conforta.
Tu dormi, io veglio e solo mi lamento
di vita vo' soffrir tutto l'inciampo.
Tu dormi riposata senza affanno,
e gli occhi miei serrati mai non stanno.
Tu dormi ed io, crudel, lamento e ploro,
e moro ahimè, ch'io moro.

Dal minuto 1:37 


sabato 17 marzo 2012

So Many Roads #3

L'amore
di Luis Garcia Montero

Le parole sono navi
e si perdono così, di bocca in bocca,
come di nebbia in nebbia.
Portano la loro merce per le conversazioni
senza trovare porto,
la notte che gli pesa come un'àncora.

Devono abituarsi ad invecchiare
e vivere con pazienza di legno
usato dalle onde,
andare a disfarsi, a danneggiarsi lentamente,
finché nella cantina della routine
non arrivi il mare e le sommerga.

Perché la vita entra nelle parole
come il mare in una nave,
copre di tempo il nome delle cose
e porta alla radice di un aggettivo
il cielo di una data,
il balcone di una casa,
la luce di una città riflessa in un fiume.

Per questo, nebbia dopo nebbia,
quando l'amore invade le parole,
colpisce le sue pareti, vi marchia
i segni di una storia personale
e lascia nel passato dei vocabolari
sensazioni di freddo e di calore,
notti che sono la notte,
mari che sono il mare,
solitarie passeggiate con estensione di frase
e treni fermi e canzoni.

Se l'amore, come tutto, è questione di parole,
accostarmi al tuo corpo fu creare un idioma.

Luis Garcia Montero, da Completamente venerdì, 1998
Traduzione di Gabriele Morelli
© Luis Garcia Montero

Poeta spagnolo (Granada, 1958) scoperto oggi sulla rivista Poesia (n. 269, marzo 2012).

venerdì 20 gennaio 2012

So Many Roads #2

Nonostante i miei sforzi, limitati, non sono riuscito a scoprire l'esistenza di eventuali pubblicazioni di questo "anche poeta" che ho scovato per caso in rete, Dario Martinelli. La lirica che riporto, prelevata dal sito http://www.pikaia.euha vinto il secondo premio del "Secondo Concorso Internazionale per la Poesia Scientifica". Maggiori informazioni qui.

Io sono qui, tu dove sei?
o Ballata dell’etologia cognitiva
di Dario Martinelli

C’era un’ochetta, grigia e viennese
Oca per specie, non per pretese
Anser di nome, Anser di fatto
Sapeva tedesco e latino in astratto
Giunse il momento di schiuder le uova
Prese un microfono, audio a manetta
Un “Quack!” tipo Mina, altro che ochetta
I piccoli intesero, urlando in delay:
“Io sono qui – tu dove sei?”

C’era in Australia un uccello di raso
Vestito di blu, pensava vastaso
“Voglio una donna!” gridò felliniano
E chiese al catasto una copia del piano
In cerca d’azzurro, dall’una alle sette
Raccolse frammenti, mirtilli e mollette
Finì il pergolato con tre ghirigori
Si mise in vetrina, aggiunse dei fiori
La donna arrivò, un palmo di naso:
“Minchia che bravo, l’uccello vastaso!”
Felici e focosi, chiosaron lui e lei:
“Io sono qui – tu dove sei?”

C’era anche un’ape, più grossa di un gallo
Che dava la colpa alle righe ed al giallo
“Di nero soltanto, sarei un figurino!”
Ma intanto affogava le pene nel vino
La fecero scout, per ritrovar passo
Viaggiando e danzando andrà via tutto il grasso
Partì per i prati, ma scorse un vitigno
Bevve per ore e senza ritegno
Tornò in alveare e i numeri dette
E invece dell’8, danzò un diciassette
Fin quando le chiesero sul trentasei
“Noi siamo qui – tu dove sei ?”

C’era un gibbone, sapeva cantare
Sua moglie promise per sempre di amare
Scriveva per lei e cantavano assieme
Le gioie di coppia, platoniche o estreme
Un po’ nauseato, un altro gli disse
Ch’eran patetici più dei Jalisse
Ma lui non demorse, compose un gran brano
Un po’ blueseggiante, un po’ beatlesiano,
Fu un grande successo, in ogni top ten
Che tutti cantarono in coro il refrain
Dalle oche ai vastasi, dalle api agli atèi:
“Io sono qui – tu dove sei?”

© pikaia.eu

giovedì 19 gennaio 2012

So Many Roads #1


Scoperto oggi grazie a una illuminante intervista per la radio svizzera (ReteDueGeronimo).

"Il letto per l'amore
è un campo di battaglia
del mistero:
vi dura la pace
nella guerra e nel conflitto,
più si è morti
più si vive meglio da risorti
e, colpendo,
ognuno
vuole essere trafitto".

© Giulio Einaudi editore, Torino

Prossimamente un interludio a lui dedicato.