martedì 28 febbraio 2012

Il mio sogno

Non ho sogni
per cui ci si debba
addormentare.
Non sono sogni
i miei
da cui ci si debba
svegliare.

Non ho un sogno
che possa essere
distrutto:
il mio sogno
è una cosa bella.
Come si può distruggere
una cosa bella?

© G.M. Schmitt

Siamo nello stesso mondo

Se ti va di volare,
i bimbi appesi alle tue braccia stese,
su campi e nubi e stratosfera.

Se vendi il tuo terzo figlio
e ti piange, sì, il cuore,
ma vuoi proprio volare,
i figli stretti tra le tue braccia ai fianchi.

Se ti va di parlare,
con piacenti volti estranei
(e traditori, magari, tu lo sai?)
E lasciarti seguire dai bimbi
come a uno sposalizio.

Se vuoi sparire tra i flutti
d'un mare finalmente ridente
con i bimbi sulla tua scia.

Se vuoi ancora
più cielo, più mare, più gioia,
sfinendoti col rischio di non trovarne.

Se poi un giorno
ti volterai,
a destra o a sinistra,
non so.

Non domandarti perché,
confessati che lo sai.

E ne sei felice,
magari un po' perché

siamo nello stesso mondo.

© G.M. Schmitt

sabato 18 febbraio 2012

Improvvisazione #4

In ricordo di Kimberly C. (14 gennaio 1994 – 8 novembre 2011)

non ti sfiorerà
quello che hanno
detto
scritto
appurato
creduto.
non ti sfiorerà
l'incalzare del tempo.

A te che rimani sospesa
tra le foglie e il vento
tra fede e incanto
lieve e irremovibile

i piedi scalzi
nel meleto

non smetterò di credere




venerdì 17 febbraio 2012

Interludio #9

Pudore
di Antonia Pozzi (1912-1938)

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.

© www.antoniapozzi.it

Graffito #5

Stille di cetra appesa.

Non lacrime.
Non sangue.

© 2009

sabato 11 febbraio 2012

La candela che stava per spegnersi

Ho soffiato sulla candela che stava per spegnersi.

"Morirà e basta", ha detto l'uomo seduto al bar.
"Farà un fumo denso e nauseabondo", ha detto il bottegaio.
"Resterai al buio", ha detto l'infermiere.
"Dovrai spostarla sul davanzale", ha detto l'impiegato.
"Ti converrà rimpiazzarla", ha detto l'anziana del piano di sopra.
"Sbarazzatene e procurati un lampadario", ha detto la suora.
"Perché mai l'hai accesa?" ha chiesto l'idraulico.
"Compratene un'altra", ha detto il giornalaio.
"Che ti importa di una candela?" ha chiesto il portinaio.

E io ho soffiato sulla candela
e questa candela stava per spegnersi

e la candela non si è spenta.

La fiamma si è ravvivata
e sembrava nuova
e io ero felice
di aver avuto una candela che stava per spegnersi
e di aver potuto soffiarvi sopra.

© G.M. Schmitt

giovedì 9 febbraio 2012

Per una sera

Per una sera,
una candela
e poco cibo
tra noi due.

Per una sera,
per tentare qualcosa,
per non odiarci...

Per una sera,
una bottiglia di vino
e poi un'altra
e poi magari un'intesa:
il mondo è fuori,
tu sei dentro.

© G.M. Schmitt
da "Il fiore che non ti ho comprato", Edizioni Ulivo

Interludio #8

Dinosauropoli, noi
di Charles Bukowski

nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora Morte che se la ride
e mentre gli ascensori si guastano
e gli orizzonti politici si dissolvono
e il ragazzetto che riempie le buste al supermarket è laureato
e i pesci sporchi di petrolio sputano fuori la loro preda oleosa
e il sole è lì nascosto

noi siamo
nati così
in mezzo a tutto questo
in mezzo a queste guerre ragionatamente folli
in mezzo al vuoto spettacolo dei finestroni di fabbrica rotti
in mezzo ai bar dove le persone non si parlano più
in mezzo alle scazzottate che finiscono con coltelli e pistole

siamo nati in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in una nazione dove le prigioni sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo

siamo nati in mezzo a tutto questo
in mezzo a tutto questo ci muoviamo e viviamo
a causa di tutto questo moriamo
siamo ridotti al silenzio
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
questa roba
ci inganna
ci sfrutta
ci piscia addosso
ci rende folli e perversi
ci trasforma in violenti
ci rende inumani

il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile

le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare

siamo nati in mezzo a questa morte dolorosa che incombe
siamo nati in una nazione che da sessant'anni accumula debiti
e che presto non potrà meanche pagare gli interessi su quei debiti
e le banche bruceranno
e i soldi saranno inutili
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l'energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un'esplosione dopo l'altra
uomini-robot ormai radioattivi si tenderanno agguati
i ricchi e gli eletti scruteranno il mondo da piattaforme spaziali
l'inferno di Dante al confronto sembrerà un parco giochi per bambini

non si vedrà più il sole e sarà per sempre notte
gli alberi moriranno
morirà tutta la vegetazione
uomini radioattivi si nutriranno della carne di altri uomini radioattivi
l'acqua del mare sarà avvelenata
i laghi e i fiumi spariranno
la pioggia diventerà preziosa come l'oro

la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento scuro

i pochi sopravvissuti saranno colpiti da nuove spaventose malattie

e le piattaforme spaziali saranno distrutte dall'attrito
dall'esaurirsi delle scorte
dall'effetto naturale del generale decadimento delle cose

e da tutto questo nascerà

il silenzio più incantevole che abbiate mai sentito

il sole resterà ancora lì nascosto

in attesa del prossimo capitolo.

Charles Bukowski, da "Spegni la luce e aspetta" ("The Last Night of the Earth Poems")
Traduzione di Christian Raimo
© 1992 Charles Bukowski
© 2003 minimum fax




domenica 5 febbraio 2012

Futile

C'era una gran disoccupazione.
Si mangiava quel che c'era.
Una crosta, un resto, la buccia d'un limone.

Ma eravamo sazi,
di parole, d'anima, di cuore
e non ci dispiaceva d'esserci
saziati così,
insieme.

Eravamo disoccupati.
Non lo rimpiangeremo.

© G.M. Schmitt
da "Il fiore che non ti ho comprato", Edizioni Ulivo

sabato 4 febbraio 2012

Interludio # 7 (Ancora in ricordo di Wislawa Szymborska)

Allegro ma non troppo
di Wislawa Szymborska
(† 1 febbraio 2012)

Sei bella – dico alla vita –
è impensabile più rigoglio,
più rane e più usignoli,
più formiche e più germogli.

Cerco di accattivarmela,
di blandirla, vezzeggiarla.
La saluto sempre per prima
con umile espressione.

Le taglio la strada da sinistra,
le taglio la strada da destra,
e mi innalzo nell'incanto,
e cado per lo stupore.

Quanto è di campo questo grillo,
e di bosco questo frutto –
mai l'avrei creduto
se non avessi vissuto!

Non trovo nulla – le dico –
a cui paragonarti.
Nessuno ha fatto un'altra pigna
né migliore, né peggiore.

Lodo la tua larghezza,
inventiva ed esattezza,
e cos'altro – e cosa più –
magia, stregoneria.

Mai vorrei recarti offesa,
né adirarti per dileggio.
Da centomila anni almeno
sorridendo ti corteggio.

Tiro la vita per una foglia:
si è fermata? Se n'è accorta?
Si è scordata dove corre,
almeno per una volta?

Wislawa Szymborska, da "Vista con granello di sabbia"
Traduzione di Pietro Marchesani
© 1998 Adelphi edizioni SPA, Milano


venerdì 3 febbraio 2012

Qualunque cosa

Qualunque cosa ti punga,
un pugnale, una forchetta, una parola,
la tua ferita verrà accudita.

Qualunque cosa ti faccia piangere,
un moscerino, una brezza, una parola,
i tuoi occhi avranno balsamo.

Ogni ora, ogni momento,
ad ogni crepa del nostro destino,
una parola, un cenno, uno sguardo.

© G.M. Schmitt
da "Il fiore che non ti ho comprato", Edizioni Ulivo

giovedì 2 febbraio 2012

Interludio #6 (In ricordo di Wislawa Szymborska)

Ad alcuni piace la poesia
di Wislawa Szymborska
(† 1 febbraio 2012)

Ad alcuni –
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace –
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.
La poesia –
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.

Wislawa Szymborska, da "La fine e l'inizio"
Traduzione di Pietro Marchesani
© 1997 Libri Scheiwiller


N.B. Un'altra traduzione della poesia recitata nel video rende così l'ultimo verso:
"senza aggiungere l'ultima frase".

mercoledì 1 febbraio 2012

E come un'alba, mostrasti la via (Journey Through the Past #4)

E come un'alba, mostrasti la via;
non il sentiero che i vecchi padri sognarono,
non il giovane singulto di cuori acerbi.

Ma è un cammino lungo e impervio
su una strada che nessuno conosce;
e quando una stella macchia l'azzurro,
non è più una cometa nel suo viaggio.

Ricordi noi due sul ponte di San Cristoforo?
Mano nella mano andavamo avanti insieme
quando all'improvviso ti vennero incontro gli angeli;
sorridendo ti invitarono nella loro gioia,
ma ti tirasti indietro e dicesti: "Devo ancora star con lui".

Mentre scendevo nella valle di Shannon
mi gridasti: "Torna indietro, non guardare in basso!"
Ma io già non riuscivo più a sentirti
e incollai i miei occhi allo spettacolo di morte;
e quando tu finalmente mi abbracciasti
avevo ormai troppi sogni nel mio archivio.

I nostri sguardi incatenati l'uno all'altro
nuotando avvinghiati nella baia di Plue
e nessuna, nessuna paura se non il sogno
in questo tormento che sfregia l'estasi,
ma ancora parole dell'anima si affollano,
incuranti della bocca, ci penetrano.

Oltre le costiere dorate adorate di Venera
siamo scesi giù, immemori ormai del resto;
il panorama s'era perso nell'anima
e l'anima andava dissolvendosi nell'io,
ma le nostre braccia agognavano Lui.

Ora che avanzo tentoni e non posso più,
la forza mi manca e il mio grido è silenzio,
ti imploro zitto: portami ancora, lì dove il mare
non è più audace di una spiaggia.

© 1995 G.M. Schmitt