Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello.
Ho soffiato sulla candela che stava per spegnersi.
"Morirà e basta", ha detto l'uomo seduto al bar.
"Farà un fumo denso e nauseabondo", ha detto il bottegaio.
"Resterai al buio", ha detto l'infermiere.
"Dovrai spostarla sul davanzale", ha detto l'impiegato.
"Ti converrà rimpiazzarla", ha detto l'anziana del piano di sopra.
"Sbarazzatene e procurati un lampadario", ha detto la suora.
"Perché mai l'hai accesa?" ha chiesto l'idraulico.
"Compratene un'altra", ha detto il giornalaio.
"Che ti importa di una candela?" ha chiesto il portinaio.
E io ho soffiato sulla candela
e questa candela stava per spegnersi
e la candela non si è spenta.
La fiamma si è ravvivata
e sembrava nuova
e io ero felice
di aver avuto una candela che stava per spegnersi
e di aver potuto soffiarvi sopra.
nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora Morte che se la ride
e mentre gli ascensori si guastano
e gli orizzonti politici si dissolvono
e il ragazzetto che riempie le buste al supermarket è laureato
e i pesci sporchi di petrolio sputano fuori la loro preda oleosa
e il sole è lì nascosto
noi siamo
nati così
in mezzo a tutto questo
in mezzo a queste guerre ragionatamente folli
in mezzo al vuoto spettacolo dei finestroni di fabbrica rotti
in mezzo ai bar dove le persone non si parlano più
in mezzo alle scazzottate che finiscono con coltelli e pistole
siamo nati in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in una nazione dove le prigioni sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
siamo nati in mezzo a tutto questo
in mezzo a tutto questo ci muoviamo e viviamo
a causa di tutto questo moriamo
siamo ridotti al silenzio
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
questa roba
ci inganna
ci sfrutta
ci piscia addosso
ci rende folli e perversi
ci trasforma in violenti
ci rende inumani
il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare
siamo nati in mezzo a questa morte dolorosa che incombe
siamo nati in una nazione che da sessant'anni accumula debiti
e che presto non potrà meanche pagare gli interessi su quei debiti
e le banche bruceranno
e i soldi saranno inutili
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l'energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un'esplosione dopo l'altra
uomini-robot ormai radioattivi si tenderanno agguati
i ricchi e gli eletti scruteranno il mondo da piattaforme spaziali
l'inferno di Dante al confronto sembrerà un parco giochi per bambini
non si vedrà più il sole e sarà per sempre notte
gli alberi moriranno
morirà tutta la vegetazione
uomini radioattivi si nutriranno della carne di altri uomini radioattivi
l'acqua del mare sarà avvelenata
i laghi e i fiumi spariranno
la pioggia diventerà preziosa come l'oro
la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento scuro
i pochi sopravvissuti saranno colpiti da nuove spaventose malattie
e le piattaforme spaziali saranno distrutte dall'attrito
dall'esaurirsi delle scorte
dall'effetto naturale del generale decadimento delle cose
e da tutto questo nascerà
il silenzio più incantevole che abbiate mai sentito
Ad alcuni piace la poesia
di Wislawa Szymborska
(† 1 febbraio 2012)
Ad alcuni –
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo, e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace –
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.
La poesia –
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.
E come un'alba, mostrasti la via;
non il sentiero che i vecchi padri sognarono,
non il giovane singulto di cuori acerbi.
Ma è un cammino lungo e impervio
su una strada che nessuno conosce;
e quando una stella macchia l'azzurro,
non è più una cometa nel suo viaggio.
Ricordi noi due sul ponte di San Cristoforo?
Mano nella mano andavamo avanti insieme
quando all'improvviso ti vennero incontro gli angeli;
sorridendo ti invitarono nella loro gioia,
ma ti tirasti indietro e dicesti: "Devo ancora star con lui".
Mentre scendevo nella valle di Shannon
mi gridasti: "Torna indietro, non guardare in basso!"
Ma io già non riuscivo più a sentirti
e incollai i miei occhi allo spettacolo di morte;
e quando tu finalmente mi abbracciasti
avevo ormai troppi sogni nel mio archivio.
I nostri sguardi incatenati l'uno all'altro
nuotando avvinghiati nella baia di Plue
e nessuna, nessuna paura se non il sogno
in questo tormento che sfregia l'estasi,
ma ancora parole dell'anima si affollano,
incuranti della bocca, ci penetrano.
Oltre le costiere dorate adorate di Venera
siamo scesi giù, immemori ormai del resto;
il panorama s'era perso nell'anima
e l'anima andava dissolvendosi nell'io,
ma le nostre braccia agognavano Lui.
Ora che avanzo tentoni e non posso più,
la forza mi manca e il mio grido è silenzio,
ti imploro zitto: portami ancora, lì dove il mare
non è più audace di una spiaggia.