martedì 11 marzo 2014

Medea

Medea si accese una sigaretta,
poi l'appoggiò sul posacenere,
si accostò le dita alle narici
e inalò odore di soffocamento.

Medea chiuse la stanza a doppia mandata,
scagliò la chiave nel pozzo luce,
andò a riprendere la sigaretta
e inalò fumo denso di catrame.

Medea scostò una sedia dal tavolo,
vi si lasciò cadere sopra,
portò alle labbra il bicchiere di rosso
e inalò frutti di bosco e ciliege.

Medea si strinse nelle spalle,
fissò assorta il quadro alla parete
d'una bimba accoccolata in mezzo a un prato
e inalò un bouquet di calendule e viole.

Medea si alzò e andò alla finestra,
percorse con gli occhi il pozzo luce,
vide solo biancheria stesa e gatti pigri,
inalò candore di lenzuola pulite.

Medea corse alla porta della stanza chiusa,
le diede calci e pugni fino a sfondarla,
raggiunse i lettini e si chinò sui piccoli
inalando profumo di latte e di talco.

Medea li baciò e li strinse a sé,
uno per volta per lo stesso tempo,
poi alzò lo sguardo e lo sguardo vagò
e inalò afrore di chi non c'è più.

Medea barcollò fino in camera da letto,
sottrasse alla cornice la foto di Giasone
e la lacerò in mille pezzi e più
inalando odore di acidi e carta.

Medea si accasciò sul letto coniugale,
vomitò il vino, vomitò la bile,
odiò il marito più di sé stessa
e dormì inalando abbandono e morte.

Medea si svegliò meravigliandosene,
si vestì in fretta e uscì dall'appartamento,
suonò ai vicini e chiese “loro, dove sono?”
e inalava aglio e caffè e ammazzacaffè.

Medea non attese, li prese per mano,
vedessero tutto, vedessero pure
e mentre uno piangeva e l'altra chiamava
tutti inalavano angoscia e terrore.

Medea disse loro “è andato, se n'è andato,
l'amore mio non gli bastava
e se n'è tornato tra la sua gente”
e inalò fragranze di terre lontane.

Di terre lontane.

© 2014 G.M. Schmitt