Ho ritrovato questa poesia che credevo di
aver smarrito per sempre e alla quale ho pensato spesso. Rileggendola
adesso mi sembra alquanto lacunosa, ma l'idea continua a piacermi. La
scrissi a venti anni, per nessuno in particolare, per nessuno di cui
fossi consapevole allora. Oggi mi rendo conto che
il termine “ancella” non può intendersi nel suo significato
letterale, che infatti è altro, ma, diciamo pure arbitrariamente o
per licenza poetica, come ideale d'amore.
Il
re e l'ancella
1.
Il
re
è
uscito dalle sue stanze
e
in cerca della sua ancella
è
scomparso tra le fronde
oltre
il fossato, nella foresta.
Le
stanze del re
di
silenzio adorne vanno spogliandosi
e
già il saccheggio è compiuto
quando
piange la tappezzeria
e
si scoprono le crepe.
Il
silenzio nel castello
nulla
ha potuto per impedire
l'opera
degli usurpatori
e
tutt'intorno son sguardi di consenso
che
ne rinsaldano i passi
ormai
sicuri sulla via del tradimento.
Gli
usurpatori del trono
ora
creano un brusio
addobbando
le stanze a festa
e
brusio nel cortile del castello
tra
le persone come formiche
che
operose radunano il raccolto.
E
tutto andrà sprecato
in
un giorno appena
per
la festa agli usurpatori.
Come
cicale.
2.
L'ancella
ha
lasciato tracce e segni
lungo
i sentieri che ha percorso
e
il re
non
è riuscito a smarrirsi
perché
troppo chiara era la via
e
troppa la luce
che
gli si approssimava.
Il
rumore di passi nella boscaglia
e
il richiamo di qualche bestiola:
abitanti
della foresta
hanno
stipulato un tacito accordo
e
nessuno ostacolerà
il
pianto del re
e
le grida dell'ancella.
E
nessuno ha impedito
la
ricerca del re
e
l'attesa dell'ancella.
E
gli uccelli lasciano gli alberi
sotto
i quali
l'ancella
ha riabbracciato il re.
L'ancella
stringe forte il braccio
che
il re le ha porto
e
già sono alle soglie del castello.
E
troppo confusa è la festa
e
troppo intenso il brusio
e
troppo indaffarati gli usurpatori
nelle
loro primitive faccende.
3.
E
troppo calde le stanze
perché
il re non apra le finestre
e
troppo calda la notte
perché
la pioggia non scenda
e
spinga ognuno al riposo.
E
troppo spesse le porte
perché
gli usurpatori tornino al trono
e
troppo breve la notte
perché
il re e l'ancella
la
sprechino per loro.
© G.M. Schmitt
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