Tempero la matita,
poi ne smusso la punta,
la voglio morbida sulla carta,
grassa e grossa la scrittura,
ch’io la riconosca sempre.
Tiro fuori la risma buona,
la carta quella da 120 g/m2,
per dare un po’ di prestigio
alla scrittura grassa e grossa.
Mi siedo comodo comodo
sulla mia sedia migliore,
la coinvolgo e m’impegno
nella scrittura grassa e grossa.
Mi alzo, a fine sessione,
e stappo una birra,
poi un’altra ancora e brindo
alla mia scrittura grassa e grossa.
La matita ormai è consumata,
non restano che polvere di grafite,
trucioli e punte spezzate, del dio
di quella scrittura grassa e grossa.
© G.M. Schmitt
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