venerdì 27 gennaio 2012

Interludio #4

Estratto da "Kafka sulla spiaggia"
di Haruki Murakami

Nakata dice di essere vuoto. Forse ha ragione. Ma allora che cosa bisognerebbe dire di me? Lui ha detto di essere diventato così in seguito a un incidente avvenuto quando era piccolo. Ma io non ho neanche la scusa dell'incidente. Perciò, se lui è vuoto, allora io cosa sono? Almeno Nakata ha qualcosa che mi ha spinto a seguirlo fin qui nello Shikoku. Qualcosa di speciale. Anche se non capisco nemmeno io che cosa sia.
Hoshino ordinò un'altra tazza di caffè.
– Il nostro caffè le è piaciuto? – chiese il padrone del locale, un signore dai capelli bianchi. (Naturalmente Hoshino non poteva saperlo, ma si trattava di un ex funzionario del ministero della Pubblica istruzione. Dopo essere andato in pensione, era tornato a Takamatsu, che era la sua città natale, e aveva aperto quel locale dove serviva un buon caffè con sottofondo di musica classica).
– Squisito. Un ottimo aroma.
– Sono io stesso a tostarlo, scegliendo i chicchi a uno a uno.
– Ecco perché è così buono.
– La musica non le dà fastidio?
– La musica? – chiese Hoshino. – No, è una bellissima musica. Non mi dà affatto fastidio, anzi. Chi è che suona?



– È il trio Rubinstein, Heifetz e Feuermann. A quei tempi lo chiamavano il Million Dollar Trio. Erano dei grandi artisti. È una vecchia registrazione del '41 ma non ha perso il suo fulgore.
– È vero. Le cose buone non invecchiano.
– Ci sono anche persone che del Trio dell'Arciduca preferiscono interpretazioni più strutturate, classiche, come quella dell'Oistrach Trio.
– No, a me piace questa, - disse Hoshino. - La trovo... non so come dire, dolce.
– Grazie, – disse il padrone, a nome del Million Dollar Trio. Dopo che si fu ritirato, Hoshino, sorseggiando la seconda tazza di caffè, riprese il filo delle sue riflessioni.
Ma adesso, per quello che posso, sto aiutando Nakata. Posso leggere per lui, e sono stato io a trovare la pietra. Essere di aiuto a qualcuno non mi dispiace per niente. E credo che sia la prima volta nella mia vita che provo una sensazione del genere. È vero, ho trascurato il lavoro, sono venuto fin quaggiù e mi sono lasciato trascinare in una serie di cose di cui non capisco un tubo, eppure non mi pento di nulla.
Come posso dire... sento di essere al posto giusto. Il problema di che cosa cavolo sono io, quando sono con Nakata, non me lo pongo nemmeno. Come paragone forse è un po' eccessivo, ma è quello che provavano i discepoli di Buddha, o di Gesù. Forse anche loro pensavano: "Quando sono con Buddha, sento di essere al posto giusto". Secondo me, più che paroloni come dottrina e verità, era questa sensazione a spingerli.

Haruki Murakami
da "Kafka sulla spiaggia"
Traduzione di Giorgio Amitrano
© Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

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